Enterobatteri resistenti ai carbapenemi, l’Efsa: diffusione nella filiera alimentare

Un aumento di enterobatteri produttori di carbapenemasi (Cpe) è stato osservato negli animali da allevamento e in prodotti alimentari nell’Unione europea e nell’Area Efta. Il fenomeno, documentato nel parere scientifico pubblicato dall’Efsa l’8 aprile 2025, ha messo in luce una possibile correlazione tra la presenza di tali batteri nella catena alimentare e la salute umana. Sebbene non siano ancora disponibili prove definitive di trasmissione diretta all’uomo attraverso gli alimenti, la scoperta di ceppi geneticamente identici in campioni animali e umani suggerisce un rischio potenziale. I Cpe, capaci di inattivare gli antibiotici carbapenemici mediante enzimi specifici, sono una minaccia per la salute pubblica per la limitata disponibilità di terapie alternative. L’analisi dell’Efsa, condotta in collaborazione con l’Ecdc, si basa su dati aggiornati a febbraio 2025 e integra studi scientifici e rapporti nazionali.
Monitoraggio e diffusione: i dati principali
Dal 2011, 14 Paesi Ue/Efta hanno segnalato la presenza di Cpe in animali da reddito e derivati alimentari. I generi batterici più frequentemente identificati includono Escherichia coli, Enterobacter, Klebsiella e Salmonella, con una prevalenza in suini, bovini e pollame. Un aumento dei casi è stato registrato nel 2021 e nel 2023, in particolare in Italia, Spagna e Portogallo, associato a geni come Blaoxa-48, Blaoxa-181 e Blandm-5. Dieci Paesi hanno adottato piani di emergenza per il controllo dei Cpe, con azioni focalizzate su indagini epidemiologiche e tracciabilità. Tuttavia, la variabilità nei metodi di rilevamento e la carenza di dati su fonti non monitorate, come prodotti ittici e vegetali, limitano una valutazione completa della diffusione.
Strategie future e approccio integrato
Per contrastare la progressione dei Cpe, l’Efsa ha raccomandato di ampliare le attività di sorveglianza a specie batteriche meno indagate, come Klebsiella, e a matrici alimentari non incluse nei programmi routinari. Ulteriori sforzi devono essere diretti al miglioramento delle tecniche diagnostiche, alla tipizzazione molecolare degli isolati e all’analisi delle vie di trasmissione, inclusi i ruoli di operatori e mangimi. Il supporto agli Stati membri per indagini approfondite e l’armonizzazione dei protocolli di monitoraggio sono priorità indicate nel documento. Un parere aggiornato, previsto per il 2027, integrerà i progressi scientifici e le evidenze emergenti. L’implementazione di un modello One health, che unisca competenze in ambito umano, veterinario e ambientale, è indicata come elemento chiave per contenere la resistenza agli antimicrobici e proteggere la salute pubblica.